In questo blog siamo soliti parlarti di esotiche destinazioni vicine e lontane per ispirare il tuo prossimo viaggio e farti venire voglia di uscire dalla routine. Esiste un altro tipo di viaggio che vogliamo invitarti a prendere in considerazione: quello dentro di sé.
Immaginati di staccare completamente da tutto e da tutti per 10 giorni: niente cellulare, TV, giornali, libri, internet, strumenti musicali né materiale per scrivere. Restare da solo con te stesso facendo Voto di Silenzio, ossia senza parlare minimamente con le altre persone che vivono l’esperienza insieme a te. Sembra difficile, vero? Eppure centinaia di persone ci provano (o ripetono il corso!) ogni mese in centri sparsi in tutto il mondo che offrono un corso di meditazione Vipassana.
Vuoi saperne di più? Leggi la testimonianza di una che è appena tornata dall’aver vissuto questa esperienza unica nel suo genere.
Fu un amico a parlarmi per la prima volta, anni fa, di questo tipo di ritiro e mi incuriosì e affascinò al punto da fargli mille domande e iniziare a informarmi a fondo su come e quando avrei potuto partecipare in un centro vicino a Barcellona, Dhamma Neru. Volevo mettermi alla prova e vivere l’esperienza unica per isolarmi in modo così estremo e immergermi completamente in una tecnica di meditazione; una pratica che già faceva parte della mia vita ma a cui non riuscivo a dedicare mai sufficiente tempo ed energia. Iscriversi a un corso è semplice: basta andare sul sito del centro prescelto e scoprire quando aprono le liste per partecipare al prossimo corso per studenti nuovi. Il corso è gratuito, alla fine del ritiro si potrà fare un’offerta (facoltativa) ma è davvero importante essere veloci, i posti volano in pochi minuti dall’istante in cui vengono aperte le iscrizioni!
Verso metà del 2017 ho capito che era arrivato il momento di dedicare qualche giorno a questa esperienza e realizzare il desiderio di viverla. Quindi, con circa 3 mesi di anticipo una mattina ho impostato la sveglia con questo proposito e sono riuscita ad iscrivermi a un corso programmato per settembre.
Mi sono informata moltissimo prima di entrare ma man mano che si avvicinava il giorno dell’inizio ero combattuta dalla curiosità e da un’infinità di paure. Quali erano le mie? Di voler scappare e dover affrontare poi una sorta di fallimento per non aver completato l’esperienza, di sentirmi sola in mezzo alla gente, di vivere male il fatto di non potermi esprimere in alcun modo e di provare dolore fisico per lo stare seduta 10 ore al giorno a meditare.
Ogni blogger diceva la sua su ognuno di questi argomenti ed ora che sono uscita ho chiaro che questa esperienza è talmente diversa da qualsiasi altra che ognuno la vive in modo completamente soggettivo e ciò che è risultato essere insopportabile per una persona, potrebbe non esserlo per te. Dipende da come è fatto ognuno e, a mio avviso, dal momento vitale in cui si affronta.
Ciò che deve essere molto chiaro prima di andare è la routine a cui bisogna adattarsi. Gli orari e il Codice di Disciplina (che è visibile sul sito) vanno rispettati per poter immergersi al meglio nella pratica meditativa proposta e per rispetto ai compagni di corso. Di seguito l’agenda di ogni giorno:
Vipassana, cos’è? La tecnica
Durante il corso vengono fatte ascoltare le registrazioni di S.N. Goenka, nato in Birmania negli anni ‘20 e che incappò nella tecnica di meditazione Vipassana per provare a superare una forte emicrania psicosomatica che nessun altro dottore era riuscito a curare. Innamoratosi della tecnica (non senza incontrare le difficoltà iniziali che chiunque attraversa, questo rincuora un sacco!), decise di diventarne maestro e diffonderla in India, dove era nata ma era caduta in disuso, e poi in Europa. Gli audio sono in inglese ma ogni concetto viene poi tradotto letteralmente nella lingua del paese in cui si sta realizzando il corso.
Le basi teoriche della tecnica hanno radici buddiste ma è un corso per tutti e lo dimostra il fatto che l’unica cosa che viene richiesta è quella di osservare il proprio corpo, fidarsi solo della propria esperienza lasciando da parte credenze, giudizi, il proprio passato e le proprie aspirazioni. Viene persino chiesto di non portare addosso simboli religiosi né di praticare riti o rituali durante il corso, quindi tranquillo: non starai entrando in una setta né dovrai fare un’esperienza da affrontare con fede cieca.
I primi tre giorni si pratica Anapana, una tecnica di meditazione che prevede il concentrare l’attenzione sulla propria respirazione, a partire dal quarto giorno si passa al Vipassana vero e proprio, un “body scan” dove viene richiesto di mettere in pratica la consapevolezza del corpo unita all’equanitmità, per non reagire con attaccamento o rigetto a sensazioni piacevoli o fastidiose. Ogni giorno le istruzioni variano per lavorare con sempre maggiore precisione.
Sono previste un totale di 10,5 ore diarie da dedicare alla meditazione. E anche in questo caso ognuno le affronta come può. Per tre volte al giorno è obbligatorio meditare un’ora nella sala principale (e a partire dal giorno 4 viene inoltre richiesto di praticare l’Adhitthana, la Ferma Determinazione: restare immobili durante tutta l’ora per applicare meglio la tecnica), le altre fasce orarie da dedicare alla meditazione vanno trascorse inizialmente nella sala per ascoltare le istruzioni di Goenka, ma il resto dell’ora si può restare lì o meditare sul proprio letto che ha il grande vantaggio di avere un punto di appoggio per la schiena. Se si riesce a non farsi tentare dal cuscino e crollare nel sonno, può venire visto come un modo più comodo di meditare.
Il Sacro Silenzio
A partire dalle ore 20.00 del giorno 0 (sì, perchè per quanto il corso venga definito “di 10 giorni”, esistono un Giorno 0, ossia il pomeriggio in cui si arriva, e un Giorno 11, la mattina in cui si conclude il corso), il gong che scandisce i ritmi della giornata, suona per la prima volta per sancire l’inizio del Sacro Silenzio.
Personalmente ho provato una stretta allo stomaco nel sentire delle ragazze, un attimo prima, dirsi: “Beh, proseguiamo questo discorso tra 10 giorni, allora!”. Poi, per mia sorpresa, non ho affatto sofferto questa imposizione, anzi! Mi ha permesso di entrare in contatto con me stessa e di sentirmi libera.
Ho notato la mia percezione diventare più fine, alcuni giorni venivo svegliata da un lieve odore, i piatti che mangiavano mi sembravano squisiti nonostante fossero di una semplicità pazzesca; in altre situazioni ero capace di cogliere dettagli visivi minuscoli e riuscivo a occupare il tempo libero osservando la foglie e le formiche o intrattenendomi canticchiando nella testa canzoni dell’infanzia, sfidando la mia memoria a ricordare tutto il testo (si, a Max Pezzali ed agli Articolo 31 saranno fischiate le orecchie).
Ma il Voto del Silenzio non è assoluto e rigidissimo! Esistono due categorie di persone con cui è possibile parlare: i “Manager”, una ragazza e un ragazzo (a seconda del proprio sesso visto che si è costantemente segregati) pronti ad ascoltare qualsiasi bisogno di tipo materiale (come la richiesta di medicine, ad esempio) e il/la “Teacher”, la persona incaricata di far ascoltare le registrazioni di Goenka e di rispondere a qualsiasi domanda relativa alla tecnica. Durante due momenti della giornata (dopo pranzo e prima di andare a dormire) è possibile parlare con l’insegnante per circa 5 minuti a testa.
Il giorno 10 viene permesso parlare dalla mattina in modo da riabituarsi gradualmente alle interazioni sociali e al non essere isolati. Pare che in corsi di moltissimi anni fa il Voto del Silenzio venisse mantenuto fino all’ultimo momento e le persone facessero incidenti stradali al rimettersi alla guida dopo questa esperienza. Quindi è evidente che è qualcosa che può alterare la percezione o scombussolare alcune persone.
Mi sono sorpresa nel rendermi conto che non avevo nessuna voglia di interagire e avrei prolungato ancora un po’ l’esperienza del silenzio. E ho notato chiaramente come dopo qualche minima interazione fossi completamente distratta al momento di meditare di nuovo, avevo perso la concentrazione, i pensieri volavano di nuovo a ricordare o a immaginare per via di quei pochi input comunicativi ricevuti e le capacità di osservazione interna, di ritiro su me stessa, di stare attenta solo alle mie sensazioni si erano indebolite.
Cibo e sonno
Visto il programma quotidiano e l’esiguo numero di pasti, temevo la fame (una parte di me sperava di dimagrire un paio di chiletti) e di non svegliarmi alle 4 del mattino per via del sonno devastante.
Niente di tutto ciò. Ho mangiato benissimo e dormito più di quanto sono solita fare a casa.
Il menù è vegetariano (visto che una delle regole da rispettare durante il corso è “Non uccidere”) e ognuno può servirsi le quantità che preferisce. Vista la quasi nulla attività fisica ci si ritrova ad essere sazi con poco e a non sentire il bisogno di abbuffarsi. La prima volta che si fa il corso è prevista una merenda-cena (un paio di frutti e latte o tè). La colazione è identica tutti i giorni, molto variata. Il pasto principale era diverso ogni giorno con piatti deliziosi, sani, digeribilissimi e poco elaborati.
Per quanto riguarda il sonno, ogni notte si dorme 7 ore (dalle 21.00 alle 4.00) ma dopo la colazione e dopo il pranzo sono previste intere ore di riposo che io utilizzavo dormendo accumulando così ben 9 ore di disconnessione dalla realtà e di riposo.
Certo, il gong delle 4.00 era tremendo (anche quello delle 8.00 dopo la colazione) ed è rimasto interiorizzato per svariati giorni al mio rientro alla normalità.
Per quanto riguarda la camerata, gli spazi tra i letti erano esigui ma per fortuna, nel mio caso, non ho sentito nessuna ragazza russare (meglio portarsi i tappi, comunque!). Solo qualcuna parlava nel sonno, indovina di cosa? Di cibo e di regole da non trasgredire!
Il ritorno a casa
Durante tutto il ritiro ho pensato molto a “casa”, mi domandavo cosa stessero facendo le persone a cui tenevo ma devo dire che non mi sono mai fatta prendere dal panico né ho iniziato a immaginarmi disastri nucleari di cui nessuno mi avrebbe informata. Mi ritrovavo a immaginarmi conversazioni, a raccontare i momenti che vivevo, le riflessioni a cui arrivavo. I primi giorni mi chiedevo se avrei ricordato proprio tutto, se le mie opinioni e giudizi sarebbero cambiati lungo il percorso che era appena iniziato. Non potevo prendere appunti né lasciare traccia di tutto il “viaggio” che stavo compiendo.
Quando ci hanno dato il permesso di parlare la prima persona ad attaccarmi bottone è stato un ragazzo argentino che passava davanti alla panca su cui ero seduta nel giardino. Volevo rispondere in maniera simpatica a una sua osservazione e le parole non mi uscivano o meglio, mi inceppavo! In un istante ho realizzato di aver pensato per 10 giorni in italiano e che lo spagnolo si era un pochino atrofizzato.
Quando ci hanno ridato gli smartphone scrivere di nuovo con il touchscreen mi è sembrata un’esperienza futurista e di altissima usabilità e ho aspettato qualche ora a connettermi a internet per ricevere le centinaia di messaggi accumulate in oltre una settimana, non ero pronta!
Rivedere il mio ragazzo che è venuto a prendermi, sedermi in auto, ascoltare della musica erano tutte sensazioni fortissime, era come se il mio corpo fosse stato addormentato a lungo e ora percepisse tutto con un’intensità molto più forte. Solo per questo rifarei l’esperienza, per essere capace anche solo un istante di non dare nulla per scontato. Una volta a casa, la sera, la vista dalla finestra da cui guardo da anni mi sembrava nuova, piena di dettagli.
Durante le prime ore a casa avevo la certezza di muovermi a una velocità più lenta di quella abituale (un tantino… frenetica), parlavo con calma e sentivo tutte le sensazioni corporee interne, connesse alle mie emozioni. La mia concentrazione era altissima. Insomma, stavo vivendo sulla mia pelle tutti i benefici della meditazione che sono stati dimostrati scientificamente. In poche ore l’effetto è svanito e sono tornata alla normalità. Da allora medito un’ora ogni mattina sforzandomi di concentrare l’attenzione su respirazione e sensazioni corporee. Un’ora sembra non passare mai e fatico a credere di aver trascorso 10 giorni meditando 10,5 ore diarie! Una vera lezione di flessibilità e che dimostra che se si cambia contesto e ci si isola, si è capaci di adattarsi a tutto!
In definitiva, è stata un’esperienza intensa e diversa da qualsiasi altra che mi ha permesso sentirmi più forte e “adattabile” di quanto credessi e mi ha portata a conoscere lati di me stessa su cui non mi ero mai soffermata prima. E’ chiaro che non è per tutti e che, come ho detto all’inizio, ognuno la vive in modo completamente diverso. Ma se hai voglia di metterti alla prova e osservarti da vicino, “sopportarti” (nel Silenzio non ci si può lamentare) e imparare una valida tecnica di meditazione io ti invito a provarci!
Dove fare meditazione Vipassana?
Fare un Corso di Vipassana in Italia è possibile? Certo! Come si può vedere da questa mappa i centri sono moltissimi in tutto il mondo, clicca qui per conoscere il Centro di Meditazione Vipassana (Atala) che si trova in Italia, tra Bologna e Firenze e se vuoi saperne di più, scrivi le tue domande nei commenti! Ti risponderò con piacere. 😉