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Un luogo, con le sue genti, i suoi paesaggi, la sua cultura, si può scoprire in molti modi, e senza dubbio ci sono molti modi di viaggiare. Ma lo spirito dell’autentico viaggiatore è quello di conoscere un luogo in profondità, di avvicinarsi alle cose e alle persone senza paura o preconcetti ma con la voglia di capire, rispettare, aiutare. Facendo il volontario, per esempio. Un’esperienza unica che permette di visitare un Paese lasciando un segno tangibile del proprio passaggio, un piccolo ma fondamentale contributo.

Oggi vi raccontiamo la storia di Simona, una ragazza innamorata dell’Africa che ha deciso di partecipare ad un progetto di volontariato internazionale nel Sud del Mondo, precisamente in Kenya, con Cesvi, un’organizzazione laica e indipendente che opera per la solidarietà mondiale. Buona lettura!

Simona progetto cesvi

Laura: Ciao Simona. Puoi raccontarci brevemente chi sei e cosa fai?

giraffaSono una ragazza di 27 anni, sono laureata in Servizio Sociale e sono Assistente Sociale. Dopo la laurea ho lavorato per un anno, come servizio civilista, nel quartiere carcerario di Nairobi (Kenya). Da allora, il mal d’Africa ha colpito e ho cercato in tutti i modi di ripartire e lavorare in Africa.

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Laura: Perché hai scelto di partecipare ad un progetto di volontariato in un paese del Sud del mondo?

I bambini hanno tanti sogni, come diventare ballerina o giocatore di calcio. Io ho sempre sognato di lavorare in Africa: come veterinaria, come archeologa, e poi sono diventata assistente sociale. Ma non ho mai abbandonato il mio sogno e alla fine sono riuscita a partire e stare un anno in Kenya. Al ritorno, ho capito che ormai vedo là il mio futuro, il lavoro mi entusiasma e mi motiva molto. Il difficile però è riuscire a ripartire.

kapenguriaAndarci come volontaria è stata una scelta dettata da molti aspetti: voler tornare in Kenya facendo un lavoro utile, fare conoscenze anche lavorative, mettermi alla prova con altri e diversi progetti nel sociale. Diciamo che stavo cercando di tornare in quella che ormai sento come una seconda casa (Nairobi), ma sapendo quanto si possa fare per gli altri anche in poco tempo, non volevo rimanere con le mani in mano.

Laura: Parlaci un po’ del progetto…

In Kenia, Cesvi gestisce un progetto di lotta allo sfruttamento del lavoro minorile nelle zone urbane e rurali e in particolare nelle province di Nairobi e Nyanza. Il progetto mira a coinvolgere tutti gli attori della società kenyota per potenziare la rete che sul territorio combatte contro le peggiori forme di sfruttamento, come la prostituzione e il traffico di minori; l’idea è quella di costruire un network di comitati locali che avranno il compito di potenziare la legislazione esistente contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Cesvi lavorerà con i partner locali anche per promuovere la partecipazione dei bambini e dei giovani nelle politiche locali e nazionali, attraverso attività di peer education in 50 scuole.

Scene di vita in comunità

La parte di progetto all’interno del quale mi sono inserita prevede una serie di interventi a Nairobi e nelle zone rurali col tentativo di diminuire il numero di bambini coinvolti in attività lavorative. Il progetto prevede di fornire ad alcuni istituti maggiori conoscenze sull’implementazione di progetti educativi, di counseling e di reinserimento familiare per i bambini presenti in queste strutture.

Kirigiti SchoolUno di questi è il Kirigiti Reception and Rehabilitation School, che accoglie ragazze tra i 10 e i 18 anni che hanno già ottenuto una condanna penale. I reati sono molteplici, dal semplice bighellonaggio per strada, alla prostituzione, al furto e omicidio. Prima di tutto viene fatta una valutazione sul livello di rischio delle ragazze e solo quelle ad alto rischio rimangono a Kirigiti, generalmente dai 3 anni fino alla fine del percorso scolastico. Qui le ragazze seguono un progetto educativo ancora acerbo, dove la scuola mantiene il ruolo centrale, mentre il resto della giornata viene scandito da attività più che altro di cura della casa. Lo staff di Cesvi, insieme a Cefa, cerca di istruire lo staff locale sull’importanza di definire un buon progetto educativo e di counseling per permettere la crescita della ragazza e la possibilità di esprimere le proprie emozioni riguardo a passato, presente e futuro. Inoltre particolare attenzione viene rivolta al recupero delle relazioni familiari e al futuro reinserimento, che è la parte più critica da affrontare, nonché la più importante.

Progetto Cesvi Kenya

E’ molto difficile combattere lo stereotipo per cui queste ragazze vengono considerate ormai “spacciate”, delinquenti senza un futuro che non meritano un trattamento dignitoso. Anche dallo staff, non vengono trattate per le bambine che in effetti sono. È uno scoglio culturale che stupisce molto noi europei, l’atteggiamento duro nei confronti di queste ragazze spesso è intollerabile.

Laura: Quanto tempo serve, come minimo, per partecipare a uno di questi progetti di volontariato e quali sono i requisiti richiesti ai volontari?

In generale, la durata del soggiorno può variare da un minimo di un mese a un massimo di sei. I volontari selezionati ricevono, prima della partenza, una formazione sulle caratteristiche principali delle aree di destinazione e sui singoli progetti. Tra i requisiti richiesti, oltre all’idoneità fisica e alla conoscenza dell’inglese, l’apertura mentale, un buon grado di flessibilità, affidabilità e grande entusiasmo.

villaggio kenyaQuesto progetto credo richieda una certa esperienza pregressa. Prima di tutto conoscenza delle modalità educative, rudimenti di counselling e riabilitazione. Inoltre, anche una certa conoscenza della cultura kenyana: le problematiche sociali, le differenze tribali, i bambini di strada, la lingua (spesso le ragazze non sanno l’inglese).

L’impatto iniziale è molto forte, nonostante le ragazze siano molto affettuose e in apparenza gioiose, i problemi emergono fin dall’inizio. Bisogna essere professionalmente pronti a gestire le problematiche emotive delle ragazze, a affrontare momenti di confidenza e a volte anche di violenza, riuscire a collaborare con uno staff che ancora ti vede come un ostacolo proprio per la differenza di idee di cui sei portatore. Una serie di sfide che richiedono una certa professionalità acquisita in precedenza.

Laura: Cosa hai riportato a casa da questa esperienza?

Scene di vita in comunità Nella mia precedente esperienza in Kenya, avevo lavorato solo con uomini e ragazzi. A Kirigiti invece mi sono scontrata con nuove e dolorose esperienze di vita. Le ragazze sono ovviamente più vulnerabili, quasi il 95 % soggetta a violenze. Eppure ciò che ho portato a casa è tanto affetto. Perché le ragazze hanno capito che ero lì per aiutarle e, vista la giovane età e il mio atteggiamento solare, hanno deciso di aprirsi con me. Ho condiviso con loro i dolori del loro passato, speranze per il futuro, e spesso in verità ho trattenuto le lacrime per delle storie così incredibili da non sembrare vere. Mi sono sentita un po’ come una sorella maggiore, la persona a cui sapevano di potersi affidare. E ho cercato di aiutarle il più possibile insieme allo staff. E spesso penso a loro, le vedo cantare, le vedo ridere, le vedo giocare. Le vedo sorridere e le voglio sempre pensare così, felici. Sperando che uscendo da Kirigiti abbiano davvero trovato i loro sogni pronti a realizzarsi.

Credo che la bellezza di ogni esperienza sta in ciò che si condivide con le persone, le relazioni che si instaurano. E le “mie ragazze”, come mi piaceva chiamarle, sono ciò che porto dentro di me, loro e le loro storie che mi ricordano quanto ancora si possa fare per aiutarle. Uno stimolo per tutto ciò che mi piacerebbe fare nel mio futuro lavorativo.

Laura: Tre cose sorprendenti del Kenya

I meravigliosi paesaggi, lo spirito di comunione delle persone, il calore umano delle relazioni.

amboseli

Laura: Viaggi molto? Che importanza riveste il viaggiare nella tua vita?

Non viaggio quanto in verità vorrei, ma amo conoscere nuovi posti, entrare in contatto con le persone e condividere uguaglianze e differenze. Ciò che mi piace è scoprire le differenze, di qualsiasi tipo, architettoniche, culturali, linguistiche, culinarie… queste nuove conoscenze arricchiscono e si finisce un viaggio con la sensazione di aver ampliato il proprio campo visivo e la propria mente.

malindiLaura: Quando fai un viaggio, quali sono gli aspetti più importanti per te?

Il contatto con la gente, entrare a conoscenza della cultura locale, della lingua per riuscire a comunicare. A volte è più bello andare a visitare luoghi sperduti piuttosto che località turistiche, accompagnati da persone del posto che sono in grado di raccontarti il proprio paese con la passione necessaria a farti apprezzare ogni piccola cosa.

Laura: Puoi dare qualche consiglio pratico a chi voglia visitare un paese del Sud del mondo e nello stesso tempo fare un’esperienza di volontariato?

Prima di tutto: andare per le motivazioni giuste. Perché è emozionante pensare di trovarsi a contatto con le situazioni spesso viste in televisione, bambini abbandonati o malati, persone da aiutare. Ma la realtà con cui si entra in contatto è difficile e bisogna essere emotivamente pronti per poter veramente essere utili.

Progetto Cesvi Kenya

In secondo luogo: scegliere bene organizzazione e progetto. Purtroppo non tutte le esperienze di volontariato sono positive; capita spesso di vedere associazioni che sfruttano il volontariato come occasione anche di guadagno. Oltretutto credo che alcune esperienze siano l’opposto di ciò che il Sud del mondo richiede: ad esempio un continuo afflusso ininterrotto di volontari in un progetto per minori destabilizza i bambini, o la mancanza di formazione dei volontari fa sì che essi arrivino impreparati e siano più di disturbo che di aiuto.

lamuInformarsi molto quindi sulle associazioni presenti sul luogo, contattare anche  vecchi volontari, capire quali sono le attività previste e se la proposta corrisponde alle aspettative della persona, nonché alle sue capacità. Non affidatevi ad associazioni che promettono grandi cose, ma a quelle che cercano di fermarti, che ti fanno mille domande, che vogliono capire se sei davvero pronto per partire, che prevedono una formazione, perché sono quelle che hanno davvero attenzione per la buona riuscita del loro progetto e della vostra esperienza.

E poi consiglio sempre di immergersi completamente nella cultura locale, aprire gli occhi e non smettere mai di stupirsi. Informarsi prima di partire, parlare con la gente, fare mille domande, conoscere qualche parola della lingua locale. Queste sono le basi con cui poi si può riuscire anche a fare un buon lavoro di volontariato.

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Se l’esperienza di Simona vi ha colpito e emozionato e siete interessati a saperne di più sull’argomento, potete mandare una mail a [email protected].

 

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