Il Sud Africa è una terra spettacolare, dove le bellezze naturali si combinano a città ricche di vita e di cultura. Flavio, dal blog NonSoloTuristi, ci parla di Coffee Bay, sulla costa più selvaggia e incontaminata del Paese.
Coffee Bay è una piccola insenatura sulla Wild Coast, in Sud Africa, provincia dell’Eastern Cape. Il nome pare sia dovuto a un vascello carico di caffè affondato nel diciannovesimo secolo a poca distanza dalla riva. Gli abitanti assicurano che i chicchi del prezioso prodotto avrebbero fatto spuntare piante di caffè per tutta l’area, ma oggi non se ne trova più neanche una a confermare questa interessante teoria. L’intera area è nota come Tranksei, una regione che tra il 1976 e il 1994 aveva dichiarato la sua indipendenza dal Sud Africa, ma senza riuscire a raccogliere il riconoscimento della comunità internazionale.
Gli abitanti sono raccolti in piccoli villaggi governati da un headman, a loro volta guidati dal chief, il capo vero e proprio che tiene i contatti con il governo locale. Sono quasi tutti xhosa, la stessa etnia di Nelson Mandela. Vivono di pesca, ortaggi, bovini, capre e maiali. Da quando i turisti occidentali hanno scoperto la bellezza del luogo i più giovani hanno cominciato a esibirsi in danze e canti tradizionali. Alcuni vendono braccialetti e collane ricavati da pietre e conchiglie rinvenute sulla spiaggia. La povertà dilagante priva spesso le famiglie dei beni più essenziali, come cibo, acqua e vestiti.
A parte una taverna, un emporio buio e polveroso e qualche ostello per i più avventurosi non c’è molto altro. Ma la natura è incontaminata, il verde delle colline si perde fino all’orizzonte e dai promontori rocciosi si ha una vista magnifica sul mare. Non mancano nemmeno i surfisti, attratti dalle vivaci onde che animano la costa, ma qualche volta sono costretti a ripiegare e restituire il primato sulle acque a squali e delfini, per rifugiarsi in uno degli ostelli per saccoapelisti che accolgono i turisti nella zona.
Un piccolo edificio circolare sulla cima di una collina costituisce l’unica forma di educazione prescolare offerta ai bambini del villaggio Bomvu, uno dei tanti agglomerati rurali di cui è costellata l’area. È l’Ikhaya Labantwana Montessori Early Learning Centre, dove le parole in xhosa stanno per ‘casa dei bambini’. È l’istituto creato da Dawn Brochenin, una donna sudafricana che dopo aver passato diversi anni nella comunità locale ha voluto contribuire al benessere comune, e per farlo ha utilizzato i metodi della celebre pedagoga italiana.
‘Esistono anche altri metodi interessanti – mi ha spiegato quando sono andato a trovarla nella sua scuola – ma Maria Montessori ha sempre usato la natura come esempio e strumento nelle sue lezioni. Ho pensato anche che sarebbe stato più facile per i bambini comprendere nuovi concetti se messi di fronte a situazioni a loro familiari.’
Giorno dopo giorno, Dawn insegna ai suoi dodici piccoli allievi, quasi tutti di etnia xhosa, i fondamenti dell’aritmetica e della lingua inglese, senza poter disporre di elettricità né di acqua corrente. Intorno a loro si estendono le verdi colline attraverso cui è possibile camminare per ore senza incontrare un altro essere umano. Gli unici passanti sono quelli che dagli abitanti sono scherzosamente definiti i Big Five della Transkei: maiali, galline, capre, mucche e cani.