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Luigi Lazzarini, presidente della cooperativa Walden Viaggi e assiduo camminatore, ci racconta la sua esperienza di “cammino selvatico” e cosa significa per lui questo tipo di viaggio.

camminare da soli

La prima settimana di dicembre ho camminato per una settimana nell’isola della Palma, alle Canarie e ho avuto la possibilità di rivivere per alcuni giorni quel modo un po’ “speciale” di camminare, che è il cammino selvatico.
Cosa significa? Che si viaggia in autosufficienza, che ci si porta nello zaino tutto quanto serve per vivere, la tenda e il sacco a pelo per dormire, il fornellino e un po’ di cibo per nutrirsi. Si sceglie questo stile quando il territorio non offre alternative, quando i luoghi sono davvero selvaggi non offrono accoglienti rifugi, alberghetti o appartamenti dove soggiornare. Ma io amo immensamente vivere questa esperienza del cammino selvatico per ragioni che vanno ben oltre l’impossibilità di trovare appoggi lungo il cammino.

Canarie camminare
Le giornate selvatiche iniziano presto, appena sorge il sole si esce dalla tenda e ci si prepara un bel caffè, in breve lo zaino si ricompone di tutte le cose che abbiamo utilizzato per il bivacco e in genere si è già in cammino prima delle 8. Lo zaino è più pesante del solito, ma il senso di libertà che dà il fatto di non dover dipendere da nessuno, di totale autonomia da tutto se non dalle fonti d’acqua, genera presto uno stato d’animo “thororiano”. Henry David Thoreau diceva infatti “un uomo è ricco in proporzione al numero di cose delle quali può fare a meno”. Ecco, camminando nel selvatico ci si sente dei nababbi, tutto quello di cui abbiamo bisogno veramente è a portata di mano: il calore del sole, l’acqua fresca di una sorgente, il vento che ci accarezza, l’orizzonte che si apre dalla cresta di una montagna, un pezzo di formaggio e una crosta di pane, le parole scambiate con l’amico che ci accompagna. Tutte queste cose sono incommensurabili tesori che ci fanno sentire appagati, eppure non abbiamo molte delle cose che ci riempiono la vita quotidiana nella “civiltà”: il computer, i telefoni, l’auto, il lavoro, i ristoranti, ecc.

La sera una piccola e frugale cena concluderà la giornata e, poco dopo il tramonto, che costituisce il principale spettacolo serale, ci si ritrova nella tendina, con il corpo sazio di cammino, stanchi ma sereni. Perchè?
Dalla lettura de “La Pratica del Selvatico” di Gary Snyder, avevo tratto già anni fa tante considerazioni, ma è la pratica del selvatico l’aspetto che più m’interessa, vivere dentro il mondo selvatico, dormire all’aperto, sentire gli odori selvatici dei boschi e quelli del nostro corpo, mi sono reso conto sulla mia pelle che più cammino e mi spoglio della mia urbanità e più ritrovo le parti di me più antiche, incontaminate, vere. Solo dopo giorni e giorni di solitudine e bivacchi, il sentiero prende quella luce “immortale”, come la chiamava Kerouac quando camminava con Gary Snyder nei “Vagabondi del Dharma”.

Canarie, La Palma il sentiero della cumbre
Il processo di “denudamento”, di abbandono di oggetti, abitudini e bisogni della vita quotidiana, finisce per diventare un risveglio della propria natura selvatica e quindi un arricchirsi e ritrovarsi più “interi” di prima.
Credo che la vita selvatica possa essere una chiave di terapia alla devastante fretta, ottusità e limitatezza della vita urbana dei nostri giorni, trovo che una pratica costante di lunghi cammini nella natura selvatica ci aiuti a ritrovare semplicità, a distinguere tra superfluo e necessario e a restituire grazia e senso della misura al nostro agire, a metterci di buon umore.

luigi lazzariniLuigi Lazzarini è socio fondatore, presidente e  guida della cooperativa Walden viaggi a piedi. Ama i boschi e la natura Selvatica, i luoghi dove preferisce camminare sono l’Appennino, i Monti Sibillini, la Corsica, le isole vulcaniche nell’oceano Atlantico, come le Azzorre e le Canarie. Crede in un turismo più lento e più responsabile. E pensa che le tradizioni dei popoli ed il cibo ci parlano della cultura di un territorio come le chiese ed i castelli.

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